Considerazioni intorno all’inflazione.
Il tema più caldo del momento è l’inflazione. Salirà o scenderà?
Se l’inflazione scenderà, da cosa dipenderà?
Che impatto avrà sui mercati finanziari?
STATI UNITI
Negli Stati Uniti l’inflazione ha raggiunto livelli tra il 5% e il 7%, che non si vedevano da molto tempo ormai.
Figura 1- Inflazione USA
Il problema è stato generato principalmente dalla domanda di prodotti, che dopo il crollo di marzo-aprile 2020, è ripartita e l’offerta di prodotti, che invece si è rivelata non sufficiente a coprire la domanda.
Questo ha generato un aumento incontrollato dei prezzi e un rallentamento della crescita economica.
Ma il mercato, se è libero di adeguarsi, allineerà domanda e offerta, è solo questione di tempo.
Segnali positivi sono l’incremento delle scorte di prodotti, l’incremento della produzione e la riduzione della disoccupazione.
Anche la disoccupazione pare abbia rallentato al 3,9%, uno dei valori più bassi registrati negli ultimi 50 anni negli Sati Uniti.
Figura 2- Tasso disoccupazione USA
La vera chiave di lettura sarà rappresentata dagli ordini di prodotti e dalle scorte, insieme al rapporto tra salari e produttività.
Per riportare l’inflazione al tasso del 2% che la FED si è posta come obiettivo nel 2023, la stessa FED potrebbe ancora ridurre l’acquisto di titoli di Stato (Quantitative Easing) fino ad arrivare a zero entro Marzo 2022 e contemporaneamente aumentare i tassi d’interesse progressivamente, come ci ha abituati negli ultimi anni.
Probabili aumenti nel 2022 di 0,25% per 3 volte, per portare i tassi a 0,75%. Resta l’incertezza su quanti aumenti verranno fatti e se saranno davvero di 0,25% o più ampi.
Questa incertezza in generale non piace agli investitori, e infatti negli ultimi giorni le borse americane, in particolare il Nasdaq, sono state abbastanza nervose, a seguito delle dichiarazioni del presidente della FED Powell, “la politica monetaria della FED sarà guidata dai dati”.
Questo lascia intender che fino a quando la FED non avrà dati confrontabili, non si esprimerà circa l’aumento dei tassi d’interesse e cioè probabilmente fino alla prossima riunione di Marzo.
Come conseguenza, è lecito attendersi ancora una certa volatilità sul mercato U.S.A.
Figura 3- Riduzione Q.E. USA
Questo tuttavia non dovrebbe mutare di molto la propensione agli investimenti azionari, in generale mancando alternative di investimento appetibili.
In questo scenario, ci potrebbe essere uno spostamento verso produzioni tradizionali, a discapito dell’high tech.
EUROPA
In Europa sarà una storia diversa, in quanto è già stato dichiarato dalla Lagarde che l’Europa non si muoverà così velocemente come potrebbe fare la FED, che significa che i tassi resteranno ai livelli minimi attuali ancora per un po’ di tempo.
MERCATI EMERGENTI
Nei mercati emergenti situazione dei tassi in aumento invece potrebbe causare ulteriori squilibri finanziari con gli altri paesi.
CINA
In Cina invece, la tendenza è di creare ancora liquidità a lungo termine, pari a circa l’1% del PIL, in controtendenza rispetto al resto del mondo. Questo potrebbe portare ad attirare investitori sia per il comparto obbligazionario sia per l’azionario.
Tenendo anche conto dell’andamento non certo positivo della borsa cinese nel 2021, questo 2022 potrebbe rappresentare una base di ripartenza per le quotazioni.
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